
Fave e favismo, facciamo chiarezza
In primavera, assieme allo sbocciare dei fiori, iniziano anche i messaggi “posso dare le fave al mio bimbo o rischia il favismo?”
Con favismo si intende una manifestazione clinica conseguente all’ingestione di
fave.
Questa non avviene in tutte le persone, ma solo in quelle con il deficit di un enzima, il glucosio-
6-fosfato deidrogenasi (G6PD), condizione genetica legata al cromosoma X.
Il termine “favismo” è in realtà improprio, perché la malattia può verificarsi non solo dopo l’assunzione di fav
e, ma anche di alcuni farmaci (alcuni antibiotici, antinfiammatori,
antimalarici…), chemioterapici, blu dimetilene.
I piselli, hanno anche essi sostanze che potrebbero potenzialmente causare la malattia, ma in tracce minime, tali da renderne possibile il consumo anche in persone fabiche.
Cosa succede se chi ha il deficit di G6PD assume questi alimenti/farmaci? La quantità di elementi ossidanti assunti sono superiori a quanto lo scarso quantitativo di enzima, presente soprattutto nei globuli rossi, riesce a elaborare. In questo modo gli eritrociti (altro modo per chiamare i globuli rossi) vengono danneggiati e poi distrutti definitivamente; se questo avviene in quantità massiva si parla di crisi emolitica.
I globuli rossi distrutti rilasciano bilirubina che tingerà la cute e le sclere degli occhi di giallo e le urine di marrone.
Ma quindi, veniamo al dunque, posso dare le fave al mio bambino?
Se non ci sono casi in famiglia sì, possiamo darle.
Certo, ci può sempre essere il paziente zero che sviluppa la mutazione che porta al deficit, ma è una eventualità più unica che rara.
La prima volta che diamo fave ai bambini, se proprio vogliamo stare attenti, controlliamo il colorito di cute e occhi nelle 48 ore successive.